Serralunga: curiosità, intelligenza, immaginazione
Spirito di ricerca, passione per la tecnologia, tradizione produttiva, Serralunga nasce nel 1825 come laboratorio di manufatti in cuoio per poi passare fin dagli anni ‘80 del ‘900 - prima in Europa - alla tecnologia rotazionale per lo stampaggio della plastica. In conversazione con Marco Serralunga
Mio malgrado, nel mio caso si tratta purtroppo di guida individuale. Quando entrai in Serralunga poco più che ventenne, fresco di laurea in economia, contavo sulla guida familiare in sinergia con mio padre e mio fratello Gregorio, entrambi scomparsi troppo prematuramente. Quando decisi di chiudere la conceria eravamo ben inseriti nel settore dell’arredo: fornivamo il cuoio ad aziende come De Padova, Bonacina, Poltrona Frau, con il nostro materiale venivano prodotti pezzi iconici come la Tripolina.
A mio fratello Gregorio si deve la vera svolta: avevamo visto negli Stati Uniti il sistema rotazionale per lo stampaggio della plastica e facemmo una joint venture: era il 1985 e fummo i primi. All’epoca non c’erano le fiere di settore, andammo a Verona alla fiera dell’agricoltura e il successo fu grande. Così iniziò l’avventura dei vasi. Ricordo che mio padre era molto orgoglioso perché questi vasi erano più belli di quelli esistenti sul mercato e i fatturati iniziarono a crescere. Poco dopo persi mio padre e mio fratello e a 27 anni rimasi solo. Ho lavorato duro per tenere in piedi l’azienda che ai tempi aveva quasi 100 dipendenti, ma decisi che avrei dovuto realizzare qualcosa che mi piacesse e divertisse. Mi rivolsi al settore del mobile che già conoscevo. Per prime “bussai” da aziende note nel mondo dei materiali plastici: ricordo che gli uffici acquisti sostenevano che la tecnologia rotazionale non sarebbe mai entrata nel settore del mobile. Ma poi alcuni dei titolari iniziarono a drizzare le orecchie… Era il 1995.
Nel frattempo avevo conosciuto Alberto Meda e Paolo Rizzatto che mi invitarono al Politecnico di Milano per parlare la tecnologia rotazionale e, visto il rifiuto da parte delle aziende, iniziammo a pensare di fare qualcosa da noi. Presto si aggiunsero Denis Santachiara e Rodolfo Dordoni e, dopo una serie di riunioni, la scelta cadde sui vasi, tipologia da sempre uguale a sé stessa. I vasi per esterno venivano infatti realizzati in terracotta con i festoni fin dal 1500, senza innovazioni. L'unico modo per sopravvivere è mettere intelligenza e cultura sul prodotto.
La vera svolta arrivò con la mostra Essere Benessere alla Triennale di Milano, dove Santachiara progettò una camera buia rivestita di specchi a cui si accedeva con la testa verso l'imbocco, fatto a forma di antico vaso di terracotta con i festoni. In questo vaso si trovavano 10 prodotti nuovi che gli specchi riflettevano all’infinito. Il messaggio era: si entra con la testa in un mondo antico e si aprono nuove possibilità. La mostra attirò l’attenzione di designer come Ron Arad e Philippe Starck. Quest’ultimo intuì le potenzialità della nuova tecnologia e pensò a progetti per divani e poltroncine da presentare ad aziende leader dell’arredo in materiali plastici. Dopo poco meno di un anno la produzione per queste aziende occupava gran parte del nostro spazio produttivo. A quel punto capii che non volevo più fare il terzista.
Fu così che il binomio tecnologia-intelligenza rivoluzionò questa tipologia, grazie ai designer che hanno concepito prodotti magnifici. Un periodo meraviglioso, una grande scuola, ricca di contatti con professionisti che mi hanno insegnato tantissimo, un piacere intellettuale.
I designer si divertivano a scoprire e a lavorare con una tecnologia nuova permettendo a Serralunga di lavorare con grandi nomi come Ettore Sottsass, Vico Magistretti, Zaha Hadid, Andrée Putmann... Ricordo ad esempio il contatto con Magistretti: prima di parlare di progetto mi volle conoscere e, non prima di un paio d’ore di amichevole conversazione, ascoltò le mie proposte. Con Zaha Hadid fu lo stesso: il progetto del suo vaso fu per lei un divertimento; il primo di altri studi successivi.
Il Santavase di Denis Santachiara: il vaso che fa l’amore con la terra, poetico, bellissimo, venduto poco ma meraviglioso. Per quanto riguarda il Vas One, nostro prodotto iconico del 2000: l’estremizzazione. Il fuori scala ha caratterizzato molto l'inizio della nostra storia rispondendo a un’ispirazione ludica, ma - per tornare alla prima domanda - si è trattato di un gioco di squadra. Io ho messo il sogno ma tutte queste persone sono state basilari nella realizzazione e la mia “bravura” è stata quella di poter prendere i professionisti migliori.
Ho un’altra età… il mio sogno è riuscire a mettere l'azienda nella posizione che meglio le compete. Siamo alle prese con diversi brand che hanno copiato i nostri prodotti senza fare nessuno sforzo per progettarne di nuovi. Questa intelligenza non viene riconosciuta. La nostra inventiva non si ferma: siamo stati i primi al mondo a fare la laccatura sul rotazionale prendendo spunto dalla tecnologia del settore automotive e abbiamo inventato il Moleskin, procedimento artigianale che deriva dall’esperienza Serralunga nella lavorazione del cuoio. (E ho già due cause in corso perché me l'hanno copiata nonostante sia brevettata). Il nostro Moleskin non ha un grammo di vernice! È un polietilene grattato (100% LLDPE riciclabile) ecologico.
Al Salone usciremo con un progetto dello Studio Hadid: stiamo lavorando a un divano a due posti, piccolo, da vendere su web, che sia di grande seduzione, riciclabile, a un prezzo accessibile. Ci saranno due progetti di vasi di Patricia Urquiola, una poltroncina di Raffaella Mangiarotti, inoltre sedute di Patrick Norguet, designer che ammiro da tempo.
La nostra ricerca di qualità e intelligenza non si ferma: mettiamo sempre in alto l’asticella…