Linee curve e avvolgenti, tonalità mute e terrose ispirate alla natura, geometrie che anche quando si fanno un po' più ardite non vanno mai a penalizzare la comodità, fantasiose declinazioni di corde o fibre intrecciate: sono le caratteristiche salienti delle proposte outdoor presentate in fiera dalle aziende del settore. Ve le raccontiamo
La dolce attesa di Paolo Sorrentino al Salone del Mobile.Milano 2025

La dolce attesa, Paolo Sorrentino - Ph. Saverio Lombardi Vallauri
Intervista al giornalista Antonio Monda: il 12 aprile sarà in dialogo con il regista premio Oscar, che per l’edizione di quest’anno presenta un’installazione che esplora il tema dell’attesa
"La dolce attesa", installazione ideata da Paolo Sorrentino, è uno degli eventi più attesi del Salone del Mobile 2025.
Affiancato dalla scenografa Margherita Palli e dal tessuto sonoro di Max Casacci, il regista premio Oscar porge un tributo a un sentimento universale: l’attesa. Di Margherita Palli sono anche i costumi, realizzati dalla sartoria del Piccolo Teatro di Milano. Prendono parte all’installazione anche le allieve e gli allievi del corso “Luca Ronconi” della Scuola del Piccolo Teatro di Milano.
Abbiamo parlato di questo e altro con il giornalista Antonio Monda, curatore nella scorsa edizione delle "Thinking Rooms" di David Lynch e protagonista insieme al regista napoletano di un Talk sabato 12 aprile ospitato alle ore 11.00 presso il padiglione 14 nell’ambito del programma culturale Drafting Futures. Conversations about Next Perspectives curato da Annalisa Rosso, Editorial Director & Cultural Events Advisor del Salone.
Certamente molta tristezza. Un pizzico di orgoglio, però, perché è stato l'ultimo progetto mai fatto da David Lynch. Come ricorderai, lui non è potuto intervenire perché stava male, questo era il vero motivo. Non voleva che se ne parlasse ma aveva un motivo serio. È stato il suo ultimo progetto, ne era completamente innamorato. Era felice non solo di aver realizzato le due stanze gemelle del Thinking Room - lui ci teneva a dire Thinking Rooms, non Meditation Rooms - ma era anche molto contento del responso che hanno avuto a Milano.
Sorrentino e il sottoscritto ci conosciamo dal 2001 quindi abbiamo un rapporto di amicizia, non solo professionale. Abbiamo lavorato insieme in tanti modi diversi. È stato mio ospite alla festa del cinema, quando viene a New York ci vediamo, quando vengo a Roma ci vediamo... Quando anche quest'anno si è pensato di affidare a un regista importante una stanza, un'installazione, ho pensato a lui perché non solo ama dipingere e ha l'hobby della pittura ma ama creare anche scenografie. E poi perché ci sono altri registi italiani come per esempio Guadagnino che lo fanno quasi come seconda professione, non come hobby. Mentre lui non se lo aspettava nessuno e questo mi sembrava una novità. Nello specifico ha avuto un'idea che poi ha scartato per virare sul concetto dell'attesa, tant'è vero che il titolo è "La dolce attesa".
Assolutamente importante. Diciamo che in assoluto i registi, i grandi registi, i registi artisti che non sono solo dei professionisti attribuiscono a ogni elemento e in particolare alle scene un aspetto più che funzionale come se fossero dei personaggi. Nelle scene di Paolo Sorrentino gli ambienti interagiscono con i personaggi e hanno una funzione che non è soltanto di decorazione. Pensa per esempio a "È stata la mano di Dio", alla casa che lui ha completamente ricreato. Praticamente è identica a quella vera - a Roccaraso in Abruzzo - dove abitava veramente la sua famiglia. Pensa a "Parthenope", dove avviene la scena di sesso tra la protagonista e il cardinale. È notturna, lugubre, malsana, matta. Non c'è soltanto un'ambientazione suggestiva. È parte della cupezza e della "grande bruttezza" di ciò che avviene.
Ci sono dei registi che tendono a ricreare sul set degli ambienti che sono parte della loro comfort zone cioè sono parte di un luogo dove vogliono stare bene oppure che creano dei luoghi ideali come vorrebbero fosse il mondo. Penso a Wes Anderson, alla sua perfezione formale, la sua composizione, la sua palette di colori sfumati o contrastanti. Nel cinema d'autore la scenografia non è mai una decorazione, è un personaggio e questo vale per Sorrentino, valeva per Lynch, vale per Wes Anderson, vale certamente per Almodovar e vale per tanti altri... e per una persona che, se continuerà questa esperienza, voglio proporre per l'anno prossimo. Non ti svelo niente perché non si sa se la collaborazione continuerà, ti dico solo che è una donna.
Oltre a Wes Anderson... non è la persona a cui ho fatto riferimento ma ti dico Kathryn Bigelow perché nasce come pittrice e quindi ha un grande senso dell'immagine, della creatività. Oppure lo stesso Almodovar. Oppure Julie Taymor che ha vissuto in Indonesia per un periodo e ha studiato a lungo il teatro e nello specifico il teatro di marionette locale
"The Brutalist" non è un film perfetto ma ha un'ambizione, un talento dentro fuori dal comune. Tra l'altro è un film dove la scenografia - anche perché si parla di un architetto - ha un ruolo chiave. E poi Paul Thomas Anderson. Il suo nuovo film andrà a Cannes e non vedo l'ora di vederlo. Secondo me è il più grande regista della sua generazione. Invece un regista da scoprire che in Italia ancora non ha avuto il successo che merita è il rumeno Radu Jude.
La stanza della "dolce attesa" di Paolo Sorrentino è un luogo dove si attende un responso, si attende un medico quindi c'è la tensione, la paura, la palpitazione ma nello stesso anche la voglia di rilassare, è costruito tutto in modo che sia confortevole. Infatti al centro della stanza c'è un cuore.
Assolutamente.