Cinque architetture temporanee da scoprire quest’estate
Sono state concepite con l’unico scopo di sperimentare nuove forme di progetto, promuovere pratiche collettive e fare comunità. Nel rispetto della storia della disciplina
A Roma come a Berlino, a Buccinasco come nel deserto del Nevada: l’architettura è il punto di raccordo tra le istanze giovanili e le grandi urgenze del contemporaneo. Oggi si progetta per immaginare non solo luoghi di condivisione e dialogo, ma nuovi vocaboli. Parole capaci di scardinare atavici automatismi e comporre un linguaggio aperto alle infinite sensibilità che sono di questo tempo. Gli scenari creativi raccontati in un mini itinerario in cinque tappe, sono un timido manifesto di intenti. E lanciano una sfida, questo sì, all’understatement: fare di più con meno non è un divertissement da intellettuali snob, ma una necessità che non può più cedere il passo al mainstream. Oggi si agisce, qui e ora, per scardinare stereotipi ed equilibri di status e sperimentare nuovi modelli di organizzazione, anche di pensiero. Si balla, si canta, si gioca per costruire insieme una nuova soggettività collettiva. Proviamoci.
L’autarchia
‘Capanna Studiolo’, una delle sei installazioni temporanee realizzate nel parco di Villa Medici a Roma per il Festival des Cabanes (fino al 29 settembre), è il nome della micro architettura in abete e pino svedese, realizzata da Campo e Diploma 20 Architectural Association: una stanza intima e privata che riporta indietro nel tempo, al XV e XVI secolo, e ai luoghi dove si ritiravano i sovrani. Adibita a luogo di studio, lo studiolo era simbolo di erudizione, prestigio e autorità. Gli studenti del Diploma Unit 20 dell’Architectural Association di Londra, chiamati a riflettere sull’identità di questo spazio lontano, hanno sovvertito l’archetipo del rapporto tra sovrano e potere per renderlo contemporaneo: ne è nato uno spazio che si è fatto comune condiviso, all’interno del quale sfidare le convenzioni e costruire una soggettività collettiva. Muro e tetto, sono fusi in un unico piano inclinato a separare l’interno dall’esterno: un confine reso simbolicamente attraversabile dalla porosità del materiale impiegato, un legno di scarto che al tramonto trasforma il riparo in lanterna. Per un (nuovo) studio, matto e disperatissimo.
L’educazione
‘Reflection in Numbers’ è il padiglione temporaneo disegnato dall'artista e designer anglo-nigeriano Yinka Ilori per la Haus der Kulturen der Welt di Berlino (sino al 31 ottobre). Si tratta di un’architettura studiata per indurre il pubblico a riflettere sul tema della convivenza, partendo da un semplice assunto: ‘ciascuno di noi è responsabile delle proprie azioni’. Chiarità questa semplice verità, il designer procede con logica chiedendo: qual è il significato che ciascuno di noi attribuisce alla parola responsabilità? Per provare a rendere facilmente comprensibile quanto gli atteggiamenti razzializzanti siano ancora largamente diffusi e tollerati nella nostra società, fa atterrare l’opera nell’immaginario sportivo, luogo di intollerabili scontri verbali. Centrale nello sviluppo del concept il vissuto degli atleti che, nel calcio o nello sport in generale, sono costantemente intrappolati tra il senso di appartenenza e il timore di un'esclusione radicale. Dagli specchi, nei quali ciascuno di noi può vedere di quali atteggiamenti è responsabile, e ai quali fa riferimento anche il titolo del progetto, alla pianta rotonda dello spazio, che porta al dialogo, ogni elemento costruttivo e di dettaglio ha il compito di indurre i visitatori a un’attenta autoanalisi: siamo davvero aperti all’inclusione? Postcoloniale.
L’arcipelago
Per esplorare possibilità e narrazioni spaziali alternative a quelle che tradizionalmente le micro architetture hanno messo in scena nelle 22 edizioni precedenti, planate nel centro del parco delle Serpentine Galleries, Minsuk Cho prova a cambiare assetto, puntando sul tema delle connessioni. L’architetto sudcoreano ha raccolto il testimone dalle mani di Lina Ghotmeh, architetta libanese incaricata l’anno precedente dall’autorevole istituzione inglese, e immaginato di dare forma al vuoto. ‘Archipelagic Void’, il nome della sua struttura, è composta da cinque ‘isole’ di legno: ogni parte è unica per dimensioni, altezza e forma ed è pensata per adattarsi alla topografia leggermente inclinata del sito. Più che di isole, si tratta di lembi di spazio che si allungano nel prato per agganciare idealmente alle gallerie e indicare il percorso pedonale del parco. Un invito ad avvicinare la cultura e un omaggio alle tradizionali case coreane che con il loro ‘madang’, un cortile aperto e centrale, suggeriscono anche a occidente un nuovo sviluppo del modulo abitativo.
Una costellazione di piccole strutture mobili accessibile sino al 27 ottobre. Stellare.
Il gioco
È prevista a fine estate l’inaugurazione di Swing, la giostra popolare disegnata dallo studio Stefano Boeri Interiors. La maxi altalena, realizzata in collaborazione con Amazon e allestita nel cortile della Farmacia dell’Università degli Studi di Milano lo scorso aprile, torna a vivere nel parco della Passeggiata Rossini di Buccinasco, nell’hinterland milanese. Con le sue 36 sedute, la micro architettura circolare è un omaggio al circo americano di Madrid, spazio performativo itinerante dove gli artisti leggevano seduti su un’altalena. Solida e leggera, la struttura è un inno al gioco, pratica che educa all’inclusione e alla condivisione, e un invito all’ascolto, attitudine che aiuta a riflettere sul valore del tempo libero. “Perché diventare attivi in un gioco collettivo può essere una bella esperienza”, Stefano Boeri. Insieme si può.